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Egr. Direttore,

sono un lettore della rivista dal 1974 e ho sempre apprezzato molto gli articoli che negli anni si sono susseguiti. Credo di poter affermare che se oggi sono un apprezzato tecnico informatico lo devo in parte anche agli articoli letti sulla rivista.

E' con estremo rammarico che mi accingo a scriverLe dopo aver letto sul numero di ottobre 2001 l'articolo a pg.19 firmato da Alessandro Saragosa intitolato “Hacker contro le dittature”.

Da alcuni anni mi occupo di sicurezza informatica e non mi sarei mai aspettato di trovare sulla rivista un articolo così approssimativo e che confonde il movimento Open Source con la pirateria informatica. Sinceramente dalla rivista da Lei diretta proprio non me lo aspettavo.

Vediamo di fare un minimo di chiarezza.

Gli hacker non si identificano con i pirati informatici, ma bensì con coloro che li combattono, con coloro che si danno da fare per segnalare i problemi (vulnerabilità) dei sistemi e permettere a chi è preposto (amministratore) di far fronte ad eventuali attacchi prevenendo il problema, anziché limitarsi a curarlo a danno avvenuto.

Nella realtà italiana spadroneggiano quelli che tecnicamente si chiamano script-kids, cioè ragazzini che trovano su Internet dei programmi, li lanciano senza neppure sapere che cosa stanno facendo e quando il programma segnala la possibilità di modificare la home page di un sito web a causa di una vulnerabilità non sanata dall'amministratore ne approfittano per modificare la pagina e poi segnalare la cosa agli amici. Per questi ragazzini è un modo di giocare. Esistono anche pirati informatici veri e propri che cercano di violare sistemi informatici anche con scopi illegali, ma nulla hanno a che fare con il movimento Open Source.

Nell'articolo si legge che il CdC (Cult of the Dead Cow) avrebbe “trovato il modo di penetrare in qualunque computer che usi un sistema Windows”, in realtà basta andare sui siti dedicati alla sicurezza informatica per trovare decine di “modi” per violare sistemi informatici. Interessante è invece guardare le statistiche, da cui si scopre che i sistemi Windows sono quelli che hanno il numero maggiore di vulnerabilità. Forse sarebbe meglio puntare il dito più su chi i problemi li crea, creando software poco sicuro, con molte vulnerabilità. Non è possibile scrivere un software senza vulnerabilità, questo lo sanno tutti, ma con un numero minore rispetto ai sistemi Windows ne esistono e guarda a caso sono quelli creati dal movimento Open Source.

Uno dei sistemi Open Source, Linux è in uso da milioni di persone e all'estero è stato adottato anche da enti governativi. La pubblica Amministrazione Italiana invece è restia all'uso di software Open Source e credo che articoli come quello pubblicato siano responsabili nel frenare la crescita informatica della nostra amministrazione, oltretutto facendo gravare sulle tasche dei contribuenti i maggiori costi che i sistemi proprietari hanno.

Concludo invitando l'autore dell'articolo a leggere libri come Spaghetti Hacker di A.Monti e S.Chiccarelli.

Ing. Andrea Gelpi

14 dicembre 2001



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Ultimo aggiornamento il 26 August 2021 14:59:58.