La tavola rotonda: impressioni di un tecnico
Fra i tanti interventi che si sono succeduti nella
tavola rotonda del 9 giugno, quello di Paolo Nuti mi ha colpito in
quanto ha confermato con cifre e dettagli ciò che molti
tecnici, come il sottoscritto, percepiscono come un reale
problema. Capita spesso che i clienti mi chiedano quale soluzione
sia la migliore fra le numerosissime offerte di connettività a
banda larga e mi trovo nella difficoltà di fornire un
consiglio in quanto mi rendo conto che molte di queste offerte sono
in realtà banda larga solo sulla carta.
Nuti ha spiegato molto bene come la situazione
attuale, pur essendo in crescita e in miglioramento è ancora
sotto la media europea ed in particolare il 73% di chi è
connesso non è in grado di utilizzare servizi sulla propria
connettività, mentre al 25% di chi utilizza connessioni a
banda larga viene garantita una velocità che è minore
di quella di un modem analogico. Aggiungo che un altro problema
esiste soprattutto nei fornitori di connettività più
piccoli, che offrono collegamenti di qualità a tariffe
interessanti, ma garantiscono velocità solo all'interno della
loro rete. Mancano cioè quegli accordi che consentono ad un
fornitore di garantire ai propri clienti velocità anche sulla
rete a cui lui stesso è collegato.
Nei convegni in genere si discute delle soluzioni
tecnologiche guardando quasi sempre al top della tecnologia e delle
soluzioni possibili, ma raramente si cita il reale stato di
alfabetizzazione di molti italiani. In alcuni interventi ho
percepito, ancora una volta, quanto sopra affermato, cioè un
digital divide evidente fra chi progetta soluzioni per il
futuro e gli utenti che non saranno poi in grado di seguire queste
nuove strade.
Recentemente ho letto un rapporto, dove si
dichiarava che in Italia l'alfabetizzazione informatica non è
più un problema. Probabilmente ciò è vero in
certe realtà, ma a mio avviso, ce ne sono ancora molte dove il
livello di alfabetizzazione informatica è ancora molto
basso. Alcuni esempi. Nel febbraio scorso mia figlia, che
frequenta la seconda elementare, ha portato a casa la pagella su cui
figurava una nuova materia, "Informatica", e mia figlia
aveva preso come valutazione "meno meno", cioè due
trattini. Una nota a margine a firma del dirigente scolastico
informava noi genitori che la valutazione di informatica non c'era in
quanto l'istituto comprensivo non era ancora dotato né di
strumenti informatici adeguati né di insegnanti preparati a
svolgere l'insegnamento in tale materia.
Girando poi per le scuole della mia zona, per
lavoro, e dovendo parlare anche con gli insegnanti, quando questi
ultimi scoprono che capisco qualche cosa di informatica mi rivolgono,
in genere, una quantità elevata di domande semplici
sull'utilizzo dei computer. Ne ho ottenuto la netta impressione che
il livello di alfabetizzazione sia ancora molto basso, troppo basso.
Molti insegnanti mi hanno chiesto se sono a conoscenza di corsi per
imparare ad utilizzare i computer. Alcuni di loro sarebbero disposti
a parteciparvi anche a loro spese, pur di imparare qualche cosa di
più. Altri ammettono che i computer fanno loro perdere una
quantità di tempo elevato, la qual cosa va a discapito della
formazione degli alunni.
Molti insegnanti delle scuole medie superiori
ammettono candidamente che gli alunni ne sanno, di computer, più
di loro e sono molto preoccupati per le responsabilità che
devono assumersi durante le lezioni nelle aule informatiche, non
riuscendo a controllare ciò che gli alunni fanno. Molti
dirigenti scolastici sono preoccupati delle responsabilità nei
confronti dei genitori, ma anche nei confronti delle norme e non sono
preparati a controllare il tutto. C'è chi fa finta di non
vedere e chi invece preferisce cercare di tenere l'informatica il più
possibile lontana dalla scuola. Entrambi gli atteggiamenti sono
comprensibili, anche se non condivisibili, e l'unica soluzione che
vedo è quella della formazione il più capillare
possibile.
La scuola è il posto dove vengono formati i
lavoratori di domani. Gli insegnanti dovrebbero essere i primi ad
avere una formazione informatica di tutto rispetto per poterla poi
trasmettere agli alunni.
Durante un intervento si è enfatizzato il
fatto che tutti i nuovi computer acquistati per la pubblica
amministrazione saranno dotati di lettore di smart card interno. E'
sicuramente un'ottima cosa, ma se non si provvede anche a spiegare ai
dipendenti pubblici a che cosa serve una smart card, la cosa rischia
di trasformarsi solo in una inutile spesa
Facendo riferimento sempre alle scuole della mia
zona, la quasi totalità dei computer non è dotata di
controlli per l'accesso, le password sono o inesistenti o talmente
semplici che bastano pochi tentativi per scoprirle. Il più
delle volte è sufficiente accendere il computer per trovarsi
davanti il desktop con magari relazioni mediche su alunni disabili,
tanto per citare uno dei casi che mi è capitato non una volta
sola. Per non parlare degli antivirus che quando ci sono, troppo
spesso risultano non aggiornati. Io credo sia molto meglio spiegare
come utilizzare bene lo strumento che si ha a disposizione, il resto
arriverà poi quasi da solo.
A mio modo di vedere, pensare di utilizzare la firma
digitale su computer assolutamente non sicuri, dove non sarà
possibile garantire quella sicurezza minima che il buon senso
consiglia, è pura follia.
E’ stato sostenuto anche che i computer sono
ancora troppo complicati per essere utilizzati dagli impiegati
pubblici e che è necessario trovare il modo di semplificarli,
ma soprattutto limitarne l'uso alle sole applicazioni necessarie.
Questa è sicuramente una delle strade possibili, ma
personalmente non credo possa risolvere il problema. Credo invece sia
molto più redditizio far crescere il livello culturale dei
dipendenti pubblici facendo loro formazione.
Nel convegno che si è tenuto a Trento il 6
maggio sulla sicurezza informatica, tutti gli interventi, sia quelli
di aziende private, che quelli di rappresentanti delle istituzioni
locali, hanno segnalato come non ulteriormente differibile il
problema della crescita culturale degli operatori. L'essere in grado
di utilizzare un computer può essere paragonato all'essere
capaci di sciare. Se voglio sciare posso comprare tutta
l'attrezzatura che desidero, ma se qualcuno non mi insegna almeno i
rudimenti, non sarò in grado di scendere neppure su una pista
molto facile.
Limitare ciò che un computer può fare
è una strada che molte aziende stanno percorrendo, purtroppo,
a mio avviso, non sempre nel modo migliore. Infatti togliere Internet
a tutti i dipendenti, perché c'è chi ne fa un uso non
consono con l'attività lavorativa è sicuramente la via
più rapida ed immediata per arginare il problema, ma alla
lunga la meno efficace. Internet è, e sarà sempre più,
uno strumento che arricchisce ed aiuta anche nell'attività
lavorativa, ovviamente se usato bene. Anziché togliere
Internet ai propri dipendenti si dovrebbero utilizzare i metodi
disponibili per scoprire chi ne fa un uso illegittimo e punire solo
questi ultimi.
In conclusione, tenendo conto del livello attuale di
alfabetizzazione, mi fa un po' paura l'idea di girare ad esempio con
in tasca una carta d'identità di tipo elettronico. Troppi sono
i computer in giro il cui livello di sicurezza è basso e non
riesco ancora ad immaginarmi tutti i rischi che potrei correre. O
meglio i rischi li immagino, vanno dal semplice furto del pin
d'accesso alla carta fino al furto d'identità. Il problema non
mi sembra tecnologico, al momento, ma il grado di consapevolezza di
molti operatori che è ancora troppo basso, proprio per via
della loro ignoranza (intesa come non conoscenza).
Sono fermamente convinto che l'efficienza e
l'efficacia dell'introduzione nella pubblica amministrazione, e non
solo, di strumenti come quelli informatici, dipenda prima di tutto
dalla crescita culturale degli addetti a questi strumenti, che
beninteso, non devono diventare degli informatici, ma conoscere lo
strumento che hanno davanti, per non ridurlo ad un mero sostituto
della vecchia macchina da scrivere. Si porterebbero a casa inoltre
due piccioni con una fava, in quanto migliorerebbe non poco anche il
livello di sicurezza informatica.
Per convincersi di quanto affermato sopra basta
pensare ai virus. Da quanti anni se ne parla? Tutti sanno che cosa
sono i virus e come si fa a difendersi, come mai allora ci sono in
giro così tanti virus? Gli utenti non sanno in pratica che
cosa fare per difendersi dai virus, ma non è un problema
tecnologico, infatti gli antivirus esistono e funzionano bene. Come
potranno gli utenti difendersi dagli eventuali pericoli delle
innovazioni future? Non certo aspettando una qualche legge che li
tuteli, visto ad esempio che quella che punisce chi fa circolare
virus esiste, ma non mi pare venga applicata molto.
ing. Andrea Gelpi
Pubblicato su Interlex il 23/06/2005 |
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